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lunedì 18 ottobre 2010

Il Pregiudizio

Sotto l'aspetto psicologico, il pregiudizio non è un semplice preconcetto individuale, come se fosse una semplificazione della conoscenza. Il pregiudizio è soprattutto un fatto sociale e culturale, perché fa parte della mentalità di un determinato gruppo di persone, le quali pensano per categorie fondate su stereotipi. Il volere classificare elementi comporta il rischio di dare ad essi valori attinti da una cultura atavica, o formulata da elementi occasionali, oppure dalla non accettazione di certe realtà. Allora sorge il pregiudizio. Ciò significa che non si sa accettare il modo d’essere o esistere degli altri perché non coincide con il nostro modo di vedere e di organizzare la vita, propria e quella della nostra società. Il pregiudizio non è un semplice preconcetto, per cui un’esperienza è attinta dalla visione del mondo e dai propri miti estrapolati dal proprio vissuto. Esso prende la forma di ostilità, sia verso le singole persone, sia verso i gruppi, quando non ci si trovi in comunanza di idee, tradizioni e credenze con l’altro o con gli altri. In questa situazione si ritiene di detenere l’unico sistema dei valori con la pretesa che gli altri accettino, senza adattamenti. Ciò significa svilire l’altro, considerarlo come se non esistesse. Così il pregiudizio determina forme di intolleranza, di ostilità, annullando l’identità socioculturale dell'altro. Ognuno acquista il proprio bagaglio culturale dalle esperienze della vita, dagli studi, dalla propria professione e si forma una mentalità personale. Se a questa si associa rigidità, vi sarà terreno fertile al preconcetto, al pregiudizio e ai comportamenti dogmatici nel modo di condurre la vita. Se avviene ciò, la capacità di collaborazione tra persone, gruppi ed anche intere Nazioni diminuisce e possono sorgere nuovi pregiudizi, non meno seri di quelli antichi. Quando non ci rendiamo conto del fondamento dei nostri concetti, che reggono i nostri ragionamenti, assumiamo un atteggiamento dogmatico, pensando che il nostro modo di vedere sia l’unico e il migliore. Ciò accade perché ognuno di noi tende ad autoconfermare le proprie idee e non considera di dover interpretare differentemente i fatti. I motivi di base sono sempre l’esperienza e la cultura, cioè l’esperienza della persona che l’adatta alla cultura cui appartiene. La persona, se non è plastica e tollerante, si esprime e giudica secondo clichés acquisiti. Infine, pur affermando certi principi assoluti, dobbiamo considerare che il nostro modo di pensare potrebbe portarci a volere sopraffare a tutti i costi gli altri e che potremmo non avere la capacità di capire che gli altri siano su posizioni differenti ma non per questo meno valide. Sarebbe opportuno non fondarsi su stereotipi culturali, senza darsi la possibilità di esplorare nuovi ambiti, nei quali può e deve spaziare la possibilità di cogliere la diversità degli altri per poterli accettare così come sono, come pensano e come si pongono. Molto spesso miriamo a volere rivestire gli altri del nostro modo di vedere e di fare, in alternativa ci separiamo da loro e li isoliamo. Ciò non favorisce la pace, la solidarietà, la concordia. Sotto l'aspetto etico, ogni persona è degna di rispetto per il suo modo di agire e concepire le cose. Questo rispetto può venire meno solo se la persona dimostra di pensare di operare contrariamente ai principi generali che toccano tutta l’umanità o contro la nostra stessa sicurezza. Perciò il colore, il modo di essere, la cultura, il modo di porsi, se è associato al rispetto di come si pongono gli altri, non dovrebbe creare difficoltà comunicative. Sempre vi potranno essere contrasti quando si vuole, a tutti i costi, imporre il proprio modo di vedere e di operare, ledere le altrui identità e libertà di pensiero e di azione. Sono due i poli entro i quali si svolge la questione: l’autoritarismo e la liberalità. Essere autoritari significa imporre agli altri il proprio pensiero e interpretare la vita secondo schemi prefissi, al di fuori dei quali non esiste alternativa. Ciò è francamente opprimente. Essere liberali non significa essere libertari, laddove questo concetto coincida con “fare tutto ciò che si vuole, senza rispetto alcuno per gli altri”; essere liberali significa non essere mossi da pregiudizi e preconcetti, che fissano le idee, impedendo alla tolleranza di cogliere la libertà degli altri e accettarla. Il rispetto è fondato sull’accettazione dell’altro, con il quale si è pronti a iniziare una qualsiasi vera comunicazione, basata sulla collaborazione, sulla solidarietà e sulla concordia.

DICE IL SAGGIO: Non è mai troppo tardi per rinunciare ai nostri pregiudizi.